3 - Andrea Fortunato

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Andrea Fortunato (Salerno, 26 luglio 1971 – Perugia, 25 aprile 1995) è stato un calciatore italiano, di ruolo difensore.                                                                                                                          Considerato tra i più promettenti terzini italiani dei primi anni 1990, nel corso della sua breve carriera vestì, tra le altre, le maglie della Juventus e della nazionale, prima di morire a ventitré anni per le conseguenze di una leucemia

Biografia

« Un ragazzo gentile ed educato, un giocatore di sicuro talento e di limpida correttezza. Un sorriso dolce, spento [...] da un destino vigliacco [...] Quel suo sorriso però è rimasto scolpito nella nostra memoria, perché non lo ha mai abbandonato, fino all'ultimo giorno [...] È come se, con quel sorriso, Andrea avesse voluto insegnarci ad affrontare la vita, anche le sue battaglie più dure, con la sua serenità. È come se avesse voluto ricordarci che le sfide si possono anche perdere, ma che mai, neanche per un attimo, ci si deve sentire sconfitti. »

(Juventus Football Club, 2013)

Nato da una benestante famiglia della borghesia salernitana – padre cardiologo, madre bibliotecaria, fratello avvocato e sorella laureata in lingue –, Andrea poté intraprendere la carriera agonistica solo dopo la promessa fatta ai genitori di proseguire gli studi, «perché nel calcio non si sa mai», diplomandosi in ragioneria nell'eventualità di una mancata affermazione come giocatore.

Caratteristiche tecniche

 

Inizialmente utilizzato in gioventù come centrocampista sulla zona sinistra del campo, durante i trascorsi tra gli "Allievi" del Como l'allenatore Rustignoli lo arretrò stabilmente in difesa, sempre sulla medesima fascia. Si espresse al meglio come terzino fluidificante, in quello che divenne il suo ruolo naturale – «sul campo era come se avesse una prateria, che percorreva con volate lunghe», ricordò Giovanni Trapattoni –; ciò nonostante poteva all'occorrenza essere impiegato con profitto anche in altre posizioni della retroguardia quali centrale di difesa o libero, financo a essere avanzato come mediano a centrocampo.

« Andrea Fortunato era un ragazzo che giocava terzino sinistro. Un ruolo da turbodiesel. Uno che con la maglia numero tre deve andare, palla al piede, dall'altra parte del mondo, superando ogni ostacolo, finché il campo finisce. E a quel punto fa una cosa, non la fa per sé, la fa per un altro e per la squadra: crossa. E se il centravanti ha seguito l'azione e ci mette la testa, allora è gol. Fortunato era uno di quelli che ci arrivava spesso, sulla linea di fondo, con la forza della sua gioventù e la bandiera dei suoi lunghi capelli al vento. »

(Gabriele Romagnoli, 1995)

Dal carattere introverso e solo all'apparenza problematico – «su di me sono state dette cose non vere. Per esempio che ho un caratteraccio Purtroppo ci sono troppi pregiudizi, sconfiggerli è dura» –, ma dotato di grande personalità e temperamento sul manto erboso, Claudio Maselli, suo tecnico a Genova, lo definì un «universale» vista l'innata duttilità, mentre per il Trap, che lo volle e lo allenò a Torino, «aveva una carriera promettentissima di fronte [...] Nel ruolo era davvero fra i migliori, non soltanto in Italia ma anche in Europa [...] Aveva tutti i numeri per sfondare».

Carriera

Como, Genoa e Pisa

Da bambino mosse i primi passi nel mondo del calcio nella natìa Salerno, dando i primi tiri al pallone nella Giovane Salerno, società dilettantistica in cui era stato introdotto dal suo scopritore, Alberto Massa. All'età di quattordici anni, desideroso di coltivare il sogno di una carriera da calciatore, accettò l'offerta del Como trasferendosi in Lombardia, fortemente voluto dall'allora direttore sportivo lariano Sandro Vitali. Crebbe così nel vivaio dei comaschi militando con le formazioni "Allievi" e "Primavera", venendo allenato in quest'ultima da Angelo Massola. Le prestazioni offerte da Fortunato a Como attirarono le attenzioni del Genoa di Spinelli, che nell'estate del 1991 lo prelevò per 4 miliardi di lire, portandolo in massima categoria. Il primo impatto del calciatore all'ombra della Lanterna, relegato a rincalzo del più esperto Branco e con soltanto sporadiche apparizioni nelle coppe, fu tuttavia effimero poiché in novembre, dopo una violenta lite con l'allenatore in seconda Sergio Maddè, il tecnico rossoblù Osvaldo Bagnoli decise di spedire il giocatore in prestito al Pisa: «non sopporto la maleducazione. Maddè mi trattò male, io gli risposi per le rime. Bagnoli mi diede del presuntuoso e pagai. Ma non mi pento di nulla [...] Forse ho pagato quella nomea di arrogante, di testa calda, che qualcuno ha costruito su di me». Coi toscani del presidentissimo Anconetani («con lui mi sono trovato benissimo, mi ha fatto capire tante cose») spese il resto della stagione, collezionando 25 presenze in un torneo cadetto concluso dai nerazzurri all'ottava piazza.Nell'annata 1992-1993 tornò quindi in pianta stabile in Liguria. Col tandem Bagnoli-Maddè migrato all'Inter, Fortunato venne ben accolto dal nuovo allenatore Bruno Giorgi che gli affidò il ruolo di titolare della fascia sinistra. Con la formazione rossoblù esordì in Serie A e, pur in una stagione tribolata che vide ben tre avvicendamenti sulla panchina genoana, il promettente difensore fu protagonista di un eccellente campionato – mettendosi in luce accanto a un'altra promessa del calcio italiano quale Christian Panucci, con cui legò anche fuori dal campo, andando a comporre una delle migliori coppie di terzini della massima serie. Nell'unica stagione completa trascorsa a Genova mise a referto 33 presenze e 3 reti, fra cui spiccò per importanza quella siglata al Milan il 6 giugno 1993 che, nei minuti conclusivi dell'ultima giornata, valse il definitivo 2-2 e l'annessa salvezza per il grifone

Juventus

Nell'estate del 1993, voluto dal tecnico bianconero Giovanni Trapattoni, il calciatore passò alla Juventus per 10 miliardi di lire, nell'ambito di corposo ricambio generazionale che vide arrivare sotto la Mole, tra gli altri, anche Sergio Porrini e un diciottenne Alessandro Del Piero.Giunto alla Vecchia Signora con la pesante etichetta di "erede" di Antonio Cabrini – lui stesso puntualizzerà subito: «...e non paragonatemi a Cabrini, per favore. Ne ho di strada da fare! Lui è fra quelli cui mi piacerebbe somigliare [...] Era un giocatore unico, inimitabile. Questi paragoni sono una sciagura, anche se piacciono tanto ai tifosi. Sperare di emularlo mi sembra quasi impossibile»–, impiegò poco tempo per superare gl'iniziali problemi dovuti all'impatto con una cosiddetta big. Sotto la guida del Trap divenne immediatamente titolare fisso nella squadra per cui tifava da bambino, prendendo parte a 27 partite del torneo 1993-1994 e trovando anche, il 12 dicembre, quella che rimarrà l'unica sua marcatura in maglia bianconera, segnando il gol della bandiera juventino alla Lazio nella trasferta capitolina persa 1-3. L'annata risultò fin lì molto positiva, sul piano personale, per il terzino, il quale tuttavia in primavera incappò in un improvviso rallentamento fisico che ne minò pesantemente le prestazioni: i giornali scrissero che «Andrea è stanco, irriconoscibile in campo, lui che è sempre stato un concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, è tormentato da una febbriciattola allarmante». La cosa risultò per molto tempo inspiegabile – causandogli anche frizioni con gli ultras dell'undici piemontese i quali, dopo la sopravvenuta eliminazione dalla Coppa UEFA, presero di mira soprattutto lui, accusato «di dolce vita [...] di non correre molto, di non mettercela tutta [...] di essere un lavativo. Soprattutto, di essere un malato immaginario».La situazione precipitò il 20 maggio 1994, al termine di un campionato chiuso dalla Juventus al secondo posto, quando, nel corso di un'amichevole col Tortona, Fortunato fu costretto ad abbandonare il campo all'intervallo con le parole: «mi sento sfinito». È a questo punto che il dottor Riccardo Agricola, medico sociale del club, decise di sottoporre il giocatore a una serie di approfondite analisi presso l'ospedale Molinette di Torino.

La malattia

L'esito dei controlli fu il peggiore possibile: ad Andrea venne diagnosticata una forma di leucemia linfoide acuta. Lo spogliatoio e la tifoseria si strinsero immediatamente attorno al giovane terzino, e proprio dai gruppi organizzati bianconeri giunsero le scuse per quanto riservatogli nel periodo in cui le condizioni atletiche del ragazzo crollarono, ma di cui nessuno conosceva ancora la causa.

« Si continua a giocare, ma è come essere a quindici minuti dalla fine, sotto di 3-0. Chi crede ancora nel pareggio, fa un atto di fede. Ma è in quel quarto d'ora disperato e spesso inutile che si distingue un giocatore vero. Andrea Fortunato ha giocato alla grande, forse ha creduto davvero nella rimonta [...] L'ha fatto in quel quarto d'ora vigliacco in cui la partita è già un ricordo e la vita un'ipotesi. Ma se sei un uomo davvero, giochi. »

(Gabriele Romagnoli, 1995)

Non potendo ricevere un trapianto totale di midollo osseo per la mancanza di un donatore compatibile, nelle settimane seguenti venne trasferito al centro specializzato del policlinico Silvestrini di Perugia dove si tentò un'altra strada: oltre a trattamenti di chemioterapia, venne sottoposto a un parziale trapianto di cellule sane opportunamente "lavorate", provenienti dalla sorella Paola prima e dal papà Giuseppe poi; è in questo periodo che si rafforzarono i legami con i suoi compagni di squadra Fabrizio Ravanelli, il quale mise a disposizione la sua casa perugina (e la vicinanza della sua famiglia) affinché Fortunato potesse seguire più agevolmente le cure, e Gianluca Vialli, in contatto quasi giornaliero con l'amico. Le cellule della sorella vennero rigettate nel ferragosto del '94, mentre quelle del padre attecchirono aumentando la fiducia riguardo a una totale guarigione, anche grazie ai trattamenti seguenti che ne migliorarono il fisico. Già in ottobre il ragazzo riuscì a lasciare la sua camera d'ospedale per iniziare la riabilitazione: controllato in regime di day hospital, ricominciò anche con gli allenamenti grazie all'ospitalità del Perugia e, tra l'ottimismo generale, nel febbraio del 1995 si recò dapprima a casa a festeggiare la laurea della sorella, e poi a Genova per abbracciare i compagni juventini impegnati in trasferta contro la Sampdoria. Ma quando tutto sembrava volgere verso il meglio, un improvviso abbassamento delle difese immunitarie, causato da una polmonite, lo stroncò, togliendogli la vita nel tardo pomeriggio del 25 aprile: «a 23 anni era già il terzino sinistro titolare della Juventus e aveva debuttato in nazionale. Uno di quelli che guardi alla tivù o sui giornali e pensi: "Ha tutto". E anche: "Non gli si può togliere niente". Invece gli si può togliere tutto: prima il gioco, poi la vita».

« ...speriamo che in paradiso ci sia una squadra di calcio, così che tu possa continuare a essere felice correndo dietro a un pallone. Onore a te, fratello Andrea Fortunato. »

(Gianluca Vialli, 1995)

Al funerale, svoltosi il giorno seguente nella Cattedrale della natìa Salerno, presenziarono più di cinquemila persone comprese le società di Juventus e Salernitana, oltre a varie personalità del calcio italiano; i calciatori granata portarono la bara di Andrea mentre, durante la funzione, prima Porrini, erede della sua casacca n. 3, e poi il capitano juventino Vialli tennero un commosso discorso di addio, più volte rotto dalle lacrime, allo sfortunato compagno. In concomitanza col rito funebre, la nazionale italiana si trovò a giocare a Vilnius contro la Lituania, con il lutto al braccio, in una sfida risoltasi con una vittoria a lui dedicata da Gianfranco Zola, autore del gol partita. Inserito comunque nella rosa bianconera della stagione 1994-1995, si fregiò postumo di uno scudetto che venne a lui dedicato; Fortunato venne anche ricordato dall'allenatore gialloblù Nevio Scala dopo la vittoria della Coppa UEFA di quell'anno, conseguita dal Parma proprio in una finale contro il club torinese.

« Quando nel nostro mondo, del calcio voglio dire, succedono cose del genere, c'è da rabbrividire. Perché è un mondo che vive di giovinezza. E la giovinezza dovrebbe essere immortale. »

(Giampiero Boniperti, 1995)

Nazionale

Fortunato ebbe modo di raccogliere tre convocazioni in nazionale maggiore da parte del commissario tecnico azzurro Arrigo Sacchi, esordendo il 22 settembre 1993 contro l'Estonia, a Tallinn, in una gara valida per le qualificazioni al campionato mondiale 1994. Rimase questa l'unica presenza in maglia azzurra del giocatore, a causa dei sopravvenuti problemi di salute che gli preclusero anche la chiamata ai successivi mondiali di Stati Uniti 1994.

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