Giovanni Trapattoni

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Giovanni Trapattoni (Cusano Milanino, 17 marzo 1939) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista.

Noto con il diminutivo di Trap, è generalmente considerato il tecnico più rappresentativo del calcio italiano del secondo dopoguerra: è infatti l'allenatore italiano più vittorioso a livello di club nonché uno dei più titolati al mondo, avendo conquistato campionati in Italia (un record di sette), Germania, Portogallo e Austria (uno a testa), per un totale di dieci titoli nazionali, facendone uno dei cinque allenatori — assieme allo jugoslavo Tomislav Ivić, all'austriaco Ernst Happel, al portoghese José Mourinho, al belga Eric Gerets e al suo connazionale Carlo Ancelotti — capaci di vincere almeno un torneo nazionale di prima divisione in quattro paesi diversi; a questi si sommano sette titoli ufficiali a livello internazionale, che ne fanno il sesto allenatore al mondo e quarto in Europa per numero di trofei conquistati in tale categoria. I suoi anni da calciatore trascorsero per la gran parte al Milan, dove rimase una colonna portante della squadra per quasi un quindicennio e, agli ordini di Nereo Rocco, vinse due scudetti, una Coppa Italia, due Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa intercontinentale;chiuse poi la carriera agonistica nel Varese. Divenne subito allenatore, emergendo precocemente e ottenendo la maggior parte dei successi sulla panchina della Juventus, squadra che guidò ininterrottamente dal 1976 al 1986 — il ciclo più duraturo nella storia del calcio professionistico italiano— e nuovamente dal 1991 al 1994; riuscì inoltre a inanellare sei campionati di Serie A e due Coppe Italia, diventando al contempo il primo allenatore nella storia ad aver vinto le tre principali competizioni per club organizzate dall'Unione delle Federazioni Calcistiche Europee (UEFA) con la stessa squadra e, in seguito, tutte le manifestazioni allora gestite dalla confederazione — un'impresa mai riuscita prima nel calcio europeo —, facendo assurgere la squadra bianconera tra le migliori nella storia della disciplina anche in virtù dell'innovativa zona mista. È inoltre uno dei pochi sportivi ad aver vinto la Coppa dei Campioni, la Coppa delle Coppe e la Coppa Intercontinentale sia da giocatore che da allenatore; è infine tra i tecnici plurivittoriosi in Coppa UEFA con 3 affermazioni. Commissario tecnico della nazionale italiana dal 2000 al 2004, successivamente ricoprì il medesimo incarico per la nazionale irlandese dal 2008 al 2013, dapprima sfiorando la qualificazione al campionato del mondo 2010 al termine di una polemica sfida contro la Francia, e riuscendo poi a qualificarla al campionato d'Europa 2012, traguardo raggiunto per la prima volta dai Boys in Green dal 1988. Nel 2007 fu inserito dal quotidiano britannico Times in una lista dei cinquanta migliori allenatori della storia del calcio e, sei anni più tardi, dall'emittente televisiva statunitense ESPN nella speciale classifica dei venti più grandi allenatori. Infine, fu introdotto nella Hall of fame del calcio italiano nella categoria allenatore italiano nel 2012

Biografia

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È il quinto figlio di Francesco, operaio, emigrato nell'hinterland milanese da Barbata, piccolo paese della Bassa Bergamasca, e di Romilde Bassani, contadina. È cresciuto durante il secondo conflitto mondiale e nelle difficoltà dell'immediato dopoguerra; a Cusano Milanino la sua famiglia abitava in una porzione della Cascina Guarnazzola (in dialetto chiamata anche "Bernasciola") insieme ad altre undici famiglie. Nel 1945 cominciò a frequentare le scuole elementari a Milanino, lavorando come garzone nelle vacanze estive e, intanto, iniziando a giocare a calcio all'oratorio San Martino di Cusano.Desideroso di costruirsi un futuro solido, in questi anni alternava gli allenamenti — prima alla polisportiva Frassati di Niguarda e poi alla rinnovata società dell'U.S. Cusano Milanino — con il lavoro da apprendista tipografo. Il presidente del Cusano Milanino, l'ingegnere Romano Augusti, cedette al Milan alla fine della stagione 1955-1956 i suoi due migliori giocatori della squadra Juniores regionale, lo stesso Trapattoni e Gilberto Noletti.Durante il torneo olimpico di Roma 1960 incontrò Paola Miceli, che poi continuò a frequentare grazie al servizio militare che gli diede la possibilità di trasferirsi proprio nella Capitale.[15] La coppia convolò a nozze nel 1964 a Grottaferrata e testimone dello sposo fu l'ex ministro Alberto Folchi. La coppia ebbe due figli, Alberto e Alessandra.Nel settembre 2015 è uscito il suo libro autobiografico Non dire gatto, scritto in collaborazione con Bruno Longhi. Nell'estate del 2018 è stato nominato presidente onorario del San Venanzo, formazione dilettantistica dell'eponimo comune umbro.

Tecnica Allenatore

Una volta intrapresa la carriera di allenatore, diventò uno dei teorici e massimi interpreti della zona mista, schema tattico che coniugò al meglio le caratteristiche di due filosofie calcistiche agli antipodi, il catenaccio italiano e il calcio totale olandese.Con questo gioco "all'italiana" i difensori, durante la fase di copertura, preservavano una stretta marcatura a uomo, mantenendo la presenza del libero a impostare l'azione, mentre nei reparti avanzati i giocatori venivano disposti a zona, riuscendo così a muoversi e interscambiarsi: fu così che le squadre allenate da Trapattoni tra gli anni 1970 e 1990 mostravano come fiore all'occhiello il proprio centrocampo, di difficile lettura da parte degli avversari, in cui veniva esaltato il ruolo del regista, libero di spaziare dalla zona difensiva per impostare il gioco a quella offensiva per finalizzare l'azione; prova di ciò fu l'elevato numero di gol messi a segno da fantasisti quali Michel Platini e Roberto Baggio, per quanto riguarda il primo e il secondo periodo del Trap alla Juventus, o da elementi box-to-box come Lothar Matthäus durante il quinquennio sulla panchina dell'Inter.  Ispirato in primis da Nereo Rocco, il quale l'aveva allenato in tre periodi diversi durante la sua quasi quindicennale carriera agonistica nel Milan, in panchina Trapattoni si distinse inoltre sia per la sua conoscenza strategica superiore sia per la meticolosità nei dettagli, nell'abilità nella lettura delle partite e nell'utilizzo dei cambi nonché per le notevoli abilità motivazionali verso i suoi giocatori. Memore dei suoi trascorsi da centrocampista, ha affermato come ciò lo abbia facilitato nel diventare poi un bravo allenatore, sostenendo che «giocando in mezzo capisci meglio le dinamiche di tutti i reparti»

Carriera

Milan

La sua carriera di allenatore cominciò immediatamente chiusa quella agonistica. Nell'estate 1972 tornò in seno al club di cui era stato bandiera da calciatore, il Milan, dividendosi tra le giovanili e lo staff della prima squadra, qui agli ordini del tandem formato da Nereo Rocco — già suo allenatore nel decennio precedente, e tra i primi a intuirne le future potenzialità in panchina — e da Cesare Maldini. Per via di un'indisposizione che colpì proprio Maldini, negli ultimi quattro turni di campionato Trapattoni cominciò ad affiancare ufficiosamente Rocco in partita: stante un'ulteriore squalifica comminata al paròn, toccò al giovane assistente guidare la squadra da bordocampo il 20 maggio 1973, nella domenica della "fatal Verona", nella quale l'Hellas, battendo a sorpresa il Milan per 5-3, negò ai rossoneri uno scudetto che sembrava già cucito al petto.Nella stagione seguente, molto tribolata per la panchina dei lombardi, inizialmente Trapattoni venne mandato all'estero a studiare gli avversari di coppa oltreché seguire i giovani del vivaio. Con le dimissioni prima di Rocco e poi di Maldini del quale era il secondo, l'8 aprile 1974, appena trentacinquenne e di ritorno da Mönchengladbach dove aveva visionato la squadra locale, Trapattoni subentrò ad interim alla guida del Milan, esordendo due giorni dopo in occasione della vittoriosa semifinale di Coppa delle Coppe proprio contro il Borussia M'gladbach (2-0); traghettò i rossoneri sino alla finale della competizione, persa contro il Magdeburgo. Nonostante la speranza di essere confermato in pianta stabile, il 21 maggio passò le redini al nuovo allenatore Gustavo Giagnoni, andando contestualmente a ricoprire il ruolo di vice dello stesso per la stagione 1974-1975.Il 2 ottobre 1975 venne nuovamente richiamato alla guida del Milan, nel mezzo di un riassetto societario che aveva visto la fuoriuscita di Giagnoni e il ritorno di Rocco come direttore tecnico:con Maldini frattanto impegnato al Foggia, per il resto della stagione 1975-1976 il paròn volle proprio Trapattoni al suo fianco, in quella che l'allenatore cusanese considerò la sua prima, vera esperienza da responsabile tecnico, portando la formazione meneghina a chiudere il campionato al terzo posto. Al termine della stagione, tuttavia, anche stavolta non venne riconfermato dalla dirigenza rossonera, che, desiderosa di abbracciare la filosofia zonista all'epoca in ascesa, gli preferì un altro emergente, Giuseppe Marchioro. Il capitano rossonero Gianni Rivera gli chiese di rimanere comunque nello staff del club, ma Trapattoni rifiutò poiché ormai intenzionato a guidare una prima squadra

Juventus: il Decennio d'oro

Le vittorie autarchiche (1976-1980)

 

Non avendo fin qui conseguito risultati di rilievo, nell'immediato Trapattoni sembrava destinato a maturare esperienza in piazze meno ambiziose. Sicché nel maggio 1976, mentre era a un passo dal firmare con l'Atalanta,destò una certa sorpresa quando Giampiero Boniperti, «conquistato dalle sue idee chiare e dalla sua concretezza», gli offrì la panchina della Juventus. Il tecnico resterà in Piemonte per le successive dieci stagioni, in un periodo calcistico della storia bianconera che prenderà il nome di Decennio d'oro data la quantità di titoli che arriveranno a Torino in questo lasso di tempo; questo ciclo diverrà il più duraturo nella storia del calcio professionistico italiano[8] e proietterà la squadra juventina tra le migliori nella storia della disciplina anche in virtù di un innovativo schema tattico che ebbe nel Trap uno dei massimi fautori, la cosiddetta zona mista, che influirà peraltro nei successi della nazionale italiana condotta da Enzo Bearzot. Il Trap portò con sé dal Milan il pupillo Benetti, con l'obiettivo di avere a disposizione un uomo di nerbo a centrocampo, mentre per alzare la qualità dell'attacco fece clamore l'acquisto del rivale interista Boninsegna; ma il colpo rivelazione fu a posteriori quello del giovane terzino Cabrini, il quale iniziò a farsi notare proprio durante la stagione 1976-1977, nel corso della quale lo stesso Giuanìn fece presto ricredere i numerosi scettici. Sotto la sua guida, il 22 maggio 1977 la Juventus vinse un'entusiasmante corsa-scudetto con i concittadini del Torino, vendicando in qualche modo la cocente sconfitta patita la stagione precedente, regalandosi il diciassettesimo scudetto:toccando i 51 punti sui 60 disponibili, stabilì un record tuttora in essere nei campionati italiani a 16 squadre, con 2 punti a vittoria. Fu gloria anche in Europa poiché, quattro giorni prima, la sconfitta subita al San Mamès per 2-1 dall'Athletic Bilbao non impedì alla Vecchia Signora, grazie alla regola dei gol in trasferta, di aggiudicarsi il primo titolo confederale della propria storia, la Coppa UEFA, avendo vinto per 1-0 a Torino l'andata del doppio confronto finale.

Un anno più tardi la Juventus di Trapattoni bissò il titolo di campione d'Italia, battendo la concorrenza della rivelazione Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, mentre in ambito europeo sfiorò la finale di Coppa dei Campioni, preclusa dalla sconfitta in semifinale contro il Club Bruges di Ernst Happel. Frattanto la squadra del Trap cominciava ad assumere una propria fisionomia all'insegna dell'equilibrio: accanto a giocatori di esperienza come Zoff, Cuccureddu, Furino, Benetti, Boninsegna e Bettega, crescevano promettenti elementi come Scirea, Tardelli, Gentile e Cabrini. Il successivo biennio rappresentò una frenata nel ciclo trapattoniano in riva al Po. La stagione 1978-1979, con i nazionali juventini reduci dalle fatiche del mundial argentino, vide l'unico acuto della Coppa Italia, la sesta nella storia del club nonché la prima per il tecnico di Cusano Milanino, vinta battendo per 2-1 nei tempi supplementari i cadetti del Palermo, nella finale di Napoli del 29 giugno 1979. Peggiore in termini di palmarès si rivelò l'annata 1979-1980, in cui a metà campionato la Juventus si ritrovò addirittura impantanata in zona retrocessione; Trapattoni riuscì a ribaltare la drastica situazione grazie a un ottimo girone di ritorno che valse un insperato secondo posto, alle spalle dell'Inter scudettata, ma l'esito avverso delle semifinali di Coppa Italia e Coppa delle Coppe, rispettivamente contro Torino e Arsenal, condannarono l'allenatore a quella che sarà l'unica stagione del Decennio d'oro chiusa senza trofei.

Verso la seconda stella (1980-1982)

Dopo che nell'estate 1980 il calcio italiano riaprì le frontiere ai giocatori stranieri, proprio dall'Arsenal che poche settimane prima aveva eliminato Madama in Coppa delle Coppe, Boniperti acquistò la stella irlandese Liam Brady, a cui il Trap assegnò subito la maglia numero dieci. L'esile fantasista dai buoni piedi ricambierà trascinando la squadra torinese sul tetto d'Italia con la vittoria del diciannovesimo scudetto. L'annata 1981-1982 non sembrò iniziare nei migliore dei modi per l'allenatore cusanese: nella sfida degli ottavi di finale della Coppa dei Campioni contro l'Anderlecht, oltre a una precoce eliminazione, uno scontro tra il portiere belga Munaron e Bettega sancì la fine della stagione per quest'ultimo. Pur se privata del suo centravanti titolare, in campionato la squadra piemontese si confermò comunque protagonista di una serrata lotta al vertice con la Fiorentina, che terminò con la conquista della seconda stella da cucire sul petto delle maglie bianconere. In un finale al cardiopalma, il ventesimo scudetto juventino arrivò appena a un quarto d'ora dalla fine del torneo, quando, nella trasferta di Catanzaro, Brady batté con freddezza il rigore decisivo; questo, nonostante l'irlandese sapesse che il suo destino l'anno seguente sarebbe stato lontano da Torino, poiché i due unici stranieri ammessi per regolamento sarebbero stati i neoacquisti Michel Platini e Zbigniew Boniek. Le ultime due partite di quel campionato videro inoltre il rientro, dopo due anni di squalifica imposti per il calcioscommesse, dell'attaccante Paolo Rossi il quale, con il francese e il polacco, andrà a formare un trio fondamentale per i successi del Trap nelle stagioni a seguire.

I successi di Platini (1982-1986)

La rinnovata Juventus di Trapattoni partì come la favorita per la vittoria finale del campionato 1982-1983, potendo contare su un reparto d'attacco composto da Rossi, Bettega, Platini e Boniek. Contro ogni aspettativa, però, la Signora partì male, causa un Platini incappato in vari problemi fisici; ne approfittò la Roma di Liedholm e Falcão, che vinse lo scudetto battendo la concorrenza torinese. Il Trap cercò di prendersi una rivincita in Coppa dei Campioni, avendo conquistato la finale di Atene, ma il 25 maggio 1983 fu ancora Happel, nel frattempo passato sulla panchina dell'Amburgo, ad avere la meglio: la cocente sconfitta lo portò a meditare circa un possibile abbandono della panchina bianconera, ma successivamente Boniperti riuscì a farlo desistere dall'intento. Reagì alla disfatta portando il proprio gruppo al successo in Coppa Italia, la sua seconda personale nonché la settima nella storia del club, ribaltando la sconfitta per 0-2 subita sul campo del Verona con un secco 3-0 nella gara di ritorno al Comunale. A fine stagione l'allenatore e l'intera società dovettero affrontare il ritiro di Dino Zoff, bandiera della Juventus e della nazionale, il quale si ritirò all'età di 41 anni dopo una carriera esemplare e plurivittoriosa.Il tecnico si vide sostituito degnamente l'ex numero uno con il giovane Stefano Tacconi, e, alla sua seconda stagione nel campionato italiano, si accese Le Roi Platini il quale, finalmente libero dai problemi fisici, illuminò con la sua classe il gioco della squadra e, di riflesso, il campionato italiano. Gli schemi del tecnico, che mettevano in luce il ruolo del regista, portarono Platoche a vincere la classifica marcatori con 20 reti, fondamentali per la conquista del ventunesimo scudetto juventino; fu il quinto campionato per il Trap, un successo che ne fece il primatista nella massima serie nazionale.Nella stessa annata, Trapattoni riuscì a conquistare anche la Coppa delle Coppe, battendo per 2-1 il Porto nella finale di Basilea giocatasi il 16 maggio 1984.

I differenti problemi che il coach dovette affrontare durante la stagione 1984-1985, tra cui spiccarono la stanchezza post-europeo di Platini e i diversi infortuni dello stopper titolare Brio, fecero sì che la Juventus abdicasse anticipatamente nella difesa del titolo nazionale, che si aggiudicò a sorpresa l'outsider Verona. Con lo scudetto presto svanito, il Trap puntò tutto sull'Europa: il 16 gennaio 1985 conquistò la prima Supercoppa UEFA nella storia bianconera, battendo il Liverpool 2-0 nella gara secca di Torino; regolando 1-0 gli stessi Reds nella finale del successivo 29 maggio all'Heysel di Bruxelles, si aggiudicò la sua prima Coppa dei Campioni, un trionfo tuttavia oscurato dagli incidenti prepartita ad opera degli hooligan inglesi che sfociarono nella morte di 39 spettatori, per la maggior parte italiani.Nell'ultima stagione del Decennio d'oro, Trapattoni portò a Torino anche la Coppa Intercontinentale, vinta l'8 dicembre 1985 a Tokyo contro l'Argentinos Juniors (2-2 dopo i supplementari e 6-4 ai rigori), diventando il primo e tuttora unico allenatore capace di conquistare tutte le maggiori competizioni confederali per club. Contrariamente alla stagione passata, il Trap si concentrò molto più sulla riconquista del titolo nazionale, partendo a spron battuto in campionato tanto da stabilire un record di otto vittorie iniziali oltreché il primato di 26 punti totalizzati a metà campionato; il forte ritorno della Roma nella tornata conclusiva incontrò la strenua resistenza degli uomini di Trapattoni, dando vita a un finale thrilling che terminò con la Juventus conquistare il suo ventiduesimo scudetto, il sesto personale per il tecnico nonché l'ultimo del suo primo ciclo bianconero, chiuso con 13 trofei in 10 stagioni.

Inter

Le difficoltà (1986-1988)

Già sul finire della stagione 1985-1986, Trapattoni aveva annunciato l'imminente separazione dalla Juventus. Ad approfittarne fu il presidente dell'Inter Ernesto Pellegrini, il quale bruciò sul tempo il patron milanista Silvio Berlusconi e si assicurò la firma dell'allenatore a partire dal campionato seguente: il Trap divenne così il secondo tecnico, dopo József Viola, a essersi seduto sulle panchine di tutte e tre le grandi del calcio italiano. La stagione 1986-1987, la prima sulla panchina nerazzurra, fu segnata dall'infortunio di Rummenigge che impedì ai milanesi di tener testa al Napoli di Maradona, laureatosi campione d'Italia, con la squadra interista a concludere al terzo posto. Quasi identica fu la sorte in Coppa UEFA, con l'eliminazione ai quarti di finale per mano del IFK Göteborg che andrà poi ad aggiudicarsi la vittoria del torneo.La sua seconda stagione a Milano si rivelò addirittura peggiore, con uno scialbo piazzamento in campionato e una precoce eliminazione dalla Coppa UEFA contro i futuri finalisti dell'Espanyol. I deludenti risultati ottenuti fin qui portarono i tifosi a rumoreggiare, e lo stesso Pellegrini cominciò a manifestare i propri dubbi nei confronti dell'allenatore.Nonostante Trapattoni avesse avuto a disposizione giocatori di caratura in ogni ruolo — come Zenga tra i pali, Bergomi e Ferri in difesa, Passarella e Mandorlini in mezzo al campo e Altobelli, Scifo e Serena nel reparto avanzato —, il gioco era risultato fino a quel momento poco e mal assortito, con una carenza di risultati come seguente causa; sicché Pellegrini decise di confermare il tecnico alla guida della squadra,ma cercando di rimediare alla situazione investendo pesantemente sul mercato.

Lo scudetto dei record (1988-1989)

Il calciomercato dell'estate 1988 per rilanciare l'Inter fu di primo livello. I rinforzi principali per Trapattoni furono il terzino Brehme e il centrocampista Matthäus, seguiti da nomi come Berti, Díaz e Bianchi; con questi elementi, la formazione che il Trap andò a disegnare per la stagione 1988-1989 palesò una solidità impressionante. In campionato, dopo avere presto estromesso dalla lotta per il titolo i concittadini del Milan, l'unica squadra in grado di sostenere il ritmo nerazzurro parve il Napoli; una resistenza tuttavia fiaccata nella tornata conclusiva grazie a un successo dietro l'altro inanellato dalla formazione meneghina, culminato nel 2-1 inflitto nello scontro diretto di San Siro del 28 maggio 1989, che regalò matematicamente ai padroni di casa il tredicesimo scudetto della loro storia, a nove anni dal precedente, e a Trapattoni il settimo della sua carriera.La squadra costruita dal tecnico in questa stagione passò agli annali come l'Inter dei record poiché capace di battere un primato dopo l'altro, assicurandosi un campionato a senso unico con ben cinque giornate di anticipo, e ottenendo 58 dei 68 punti disponibili, un record nell'era dei due punti a vittoria. Il ritorno dello scudetto sul petto pareva prospettare l'inizio di un ciclo vincente per i meneghini; sarà così solo in parte, ma fu comunque un periodo che, tra le altre cose, vide la definitiva affermazione ad alti livelli di Matthäus sotto le direttive del Trap.

I trionfi nelle coppe (1989-1991)

La stagione 1989-1990, nonostante l'arrivo di Klinsmann il quale andò a formare, coi connazionali Matthäus e Brehme, un trio tedesco che voleva rispondere al più celebre olandese dei concittadini milanisti, deragliò presto per via della clamorosa eliminazione dalla Coppa dei Campioni avvenuta per mano di un non irresistibile Malmö FF. Proprio la débâcle europea contro gli svedesi si rivelerà un pesante fardello per il morale degli uomini di Trapattoni che, nelle settimane seguenti, finirono per abdicare anticipatamente nella difesa del campionato. Tuttavia la formazione nerazzurra ebbe un moto d'orgoglio il 29 novembre 1989, nella gara valida per la seconda edizione della Supercoppa italiana, imponendosi per 2-0 sulla Sampdoria;[era l'ultimo trofeo italiano che ancora mancava nella bacheca del tecnico cusanese.  Italia '90 restituì al tecnico giocatori in condizioni dubbie per diversi motivi: gli italiani erano ancora frustrati per il deludente terzo posto conquistato da favoriti, mentre i tedeschi tornarono euforici per il trionfo, ma nonostante ciò l'ultima stagione per Trapattoni da allenatore interista si rivelò avvincente e combattuta su tutti i fronti. In campionato andò in scena un acceso dualismo con la Sampdoria: pur perdendo 3-1 lo scontro diretto dicembrino a Marassi, la formazione di Giuanìn fece suo il simbolico titolo d'inverno, ma nel rush finale furono i blucerchiati a mostrare una verve migliore, riacciuffando i meneghini e spezzando di fatto i loro sogni tricolori nel decisivo big match del maggio 1991, rifilando un 2-0 a domicilio ai nerazzurri che, oltre a rompere lo storico gemellaggio tra le tifoserie, sarà il preludio al primo scudetto doriano.L'Inter del Trap trovò riscatto in Coppa UEFA dove, al culmine di un esaltante cammino — in cui spiccò su tutti il doppio confronto ai sedicesimi di finale con l'Aston Villa dove, dopo essere usciti sconfitti dal Villa Park per 2-0, i nerazzurri furono capaci di ribaltare le sorti della qualificazione grazie a uno spettacolare 3-0 nel retour match di Milano—, approdò in finale dove ad attenderli c'era, in una sfida tutta italiana, la Roma: il 2-0 della gara di andata a San Siro fu sufficiente ai nerazzurri per uscire indenni dalla sfida di ritorno all'Olimpico di Roma, dove una sconfitta 1-0 non impedì ai meneghini di mettere in bacheca la prima Coppa UEFA della loro storia. Fu la seconda affermazione personale per Trapattoni nella manifestazione (dopo quella risalente a quattordici anni prima sulla panchina della Juventus), riportando al contempo la Milano nerazzurra a trionfare in Europa dopo ventisei anni.Con questo vittorioso epilogo, il tecnico lasciò la panchina interista al termine della stagione.

Ritorno alla Juventus

Nella stagione 1991-1992, a cinque anni dal suo primo ciclo sotto la Mole, Trapattoni venne richiamato alla guida della Juventus, con il compito di risollevare l'ambiente dopo la fallimentare annata di Luigi Maifredi.Il tecnico riuscì subito a dare una scossa alla squadra, raggiungendo il secondo posto in campionato, dietro al Milan imbattuto di Fabio Capello, e la finale di Coppa Italia, dove la nuova Juve del Trap vinse l'andata a Torino per 1-0 contro il Parma, ma cadde poi 2-0 nel ritorno al Tardini, regalando agli uomini di Nevio Scala il loro primo successo in coppa nazionale. L'annata seguente, con la Vecchia Signora nel frattempo rinforzata dagli arrivi di Möller, Vialli e Ravanelli, culminò nel trionfo in Coppa UEFA, dove nella doppia finale i bianconeri, trascinati da un Roberto Baggio in stato di grazia, rifilarono al Borussia Dortmund dapprima un 3-1 a domicilio nell'andata al Westfalenstadion, e poi un secco 3-0 nel ritorno al Delle Alpi, regalando all'allenatore di Cusano Milanino il suo terzo successo nel torneo: un primato che resisterà per i successivi 28 anni prima di essere battuto da Unai Emery. La stagione del club piemontese registrò un alto numero di reti messe a segno (106), 32 delle quali durante il cammino verso la conquista della terza Coppa UEFA nella storia bianconera.

Bayern Monaco

La stagione 1994-1995 segnò la prima esperienza al di fuori dell'Italia per Trapattoni, il quale accettò l'offerta della squadra campione uscente di Germania, il Bayern Monaco. L'ambientamento in Baviera pareva facile, complici la determinazione e il rispetto verso l'autorità del mister messi in atto dai giocatori del club, reputati dal tecnico come di gran lunga più professionali rispetto a quelli di Serie A, anche riconoscendo il buon lavoro fatto in questo senso dal suo predecessore Franz Beckenbauer.Tuttavia i buoni propositi del Trap fecero ben presto i conti con la realtà: la squadra steccò immediatamente in Supercoppa tedesca contro il Werder Brema di Otto Rehhagel e, nonostante il successivo arrivo di rinforzi come Kahn, Sutter e Papin, i bavaresi andarono incontro a una clamorosa eliminazione al primo turno della Coppa di Germania per mani dei dilettanti del Vestenbergsgreuth.Alle prime e inevitabili critiche da parte della stampa si aggiunsero gli screzi con il leader della squadra, Lothar Matthäus, già allenato da Trapattoni a Milano, che nel frattempo si era reinventato con successo come difensore centrale ma che, secondo il tecnico cusanese, avrebbe reso maggiormente nel suo ruolo originario a centrocampo.Persa presto la rotta in Bundesliga, anche complice una formazione titolare decimata dagli infortuni, il Bayern Monaco tentò di riscattarsi in Champions League dove fu autore di un buon cammino tuttavia conclusosi in semifinale, venendo estromesso dall'Ajax futuro vincitore dell'edizione. L'andamento altalenante della stagione aveva fatto sì che fin da febbraio fosse stato de facto anticipato il mancato rinnovo di Trapattoni con la società tedesca, motivato anche da ragioni familiari.

Cagliari

Nell'estate 1995 il tecnico tornò in Italia, accettando una sfida insolita nella sua carriera: per la prima volta scese infatti nel calcio di provincia, ripartendo dal Cagliari. L'arrivo in Sardegna del plurititolato Trap, chiamato a raccogliere l'eredità di Óscar Tabárez, il quale nell'annata precedente aveva trascinato la squadra a lottare per la zona UEFA, portò entusiasmo in tutta l'isola e aumentò le aspettative verso i rossoblù dell'ambizioso patron Massimo Cellino, chiamati a un ulteriore salto di qualità.Le premesse estive parvero trovare un iniziale riscontro in campo, con i sardi che, nonostante un avvio difficile, arrivarono al giro di boa del campionato in linea con gli obiettivi di inizio stagione; nel girone di ritorno, tuttavia, un netto calo di rendimento mise presto in bilico la panchina del tecnico. La sconfitta per 4-1 a Torino contro la Juventus fu l'ultimo atto della breve esperienza di Trapattoni a Cagliari, trascorsa all'insegna dei saliscendi:l'allenatore si dimise accusando pesantemente Cellino di averlo preso in giro, pur assumendosi le responsabilità per avere illuso i tifosi puntando dichiaratamente alla qualificazione europea.

Ritorno al Bayern Monaco

Dopo un tentativo di Silvio Berlusconi di riportarlo sulla panchina del Milan, per Trapattoni arrivò una seconda chiamata da parte del Bayern Monaco per la stagione 1996-1997. Deciso a riscattare la sua prima e scialba esperienza in Baviera, e con a disposizione una rinnovata rosa che, accanto al solito Matthäus, vedeva ora anche l'altro ex interista Klinsmann più nomi come Basler e Rizzitelli, il Trap costruì una squadra capace di imporre l'andatura in Bundesliga per tutto l'arco del torneo.Con il Borussia Dortmund di Ottmar Hitzfeld, campione uscente, distratto dal cammino in Champions League, il tecnico italiano si ritrovò a duellare con un solido Bayer Leverkusen che diede filo da torcere sino alle battute conclusive, prima di venire infine domato alla penultima giornata, quando il 4-2 sullo Stoccarda diede ai bavaresi la certezza del titolo.Vinto per la prima volta il Meisterschale, a cui seguirà nel luglio seguente la Coppa di Lega tedesca,nell'estate 1997 il Trap pensò di lasciare, date le pressioni attuate da mesi dal presidente della Roma, Franco Sensi, il quale, deluso dall'esperienza con Carlos Bianchi, aveva messo sul piatto un'offerta miliardaria affinché Trapattoni andasse a sedersi sulla panchina della squadra giallorossa; l'allenatore fu tentato dall'offerta, più che altro per la possibilità di riportare la moglie Paola nella natìa Roma, ma alla fine decise di rispettare il proprio contratto con il club tedesco. L'annata 1997-1998 si rivelò presto uno shock per i tifosi bavaresi, poiché nessuno poteva immaginare che il neopromosso Kaiserslautern, passato nelle mani di Otto Rehhagel e, a sorpresa, vittorioso al debutto in campionato proprio contro l'undici di Trapattoni, potesse poi contendere ai detentori anche il titolo nazionale. Il testa a testa, invece, durò per tutta la stagione, con il Trap che, una volta perso lo scontro diretto nel girone di ritorno, non riuscì più a ritrovare il bandolo della matassa; anzi, tre sconfitte consecutive contro Hertha Berlino, Colonia e Schalke 04 causarono le ire del tecnico, che, trovatosi nel momento più complicato dell'annata, il 10 marzo 1998 si sfogò in una a posteriori celebre conferenza stampa, nella quale, in un tedesco piuttosto maccheronico, attaccò a più riprese i suoi calciatori Strunz, Basler e Scholl, accusandoli di scarso impegno e mancanza di professionalità. Rimarrà questo, mediaticamente parlando, l'episodio più famoso del suo secondo ciclo bavarese, alla luce di una stagione che vedrà la squadra perdere in volata la Bundesliga contro la rivelazione Kaiserslautern, e venire eliminata nei quarti di finale della Champions League, ai supplementari, dai connazionali e detentori del Borussia Dortmund. Al Trap restò la consolazione della Coppa di Germania, vinta in finale contro il Duisburg: fu il ventesimo alloro nella titolata carriera del tecnico, che, a fine stagione, lasciò definitivamente Monaco di Baviera.

Fiorentina

Nell'estate del 1998 Trapattoni tornò in Italia per sedersi sulla panchina della Fiorentina. Arrivato a Firenze sulla scia di un forte ostracismo da parte del tifo viola, visto il suo lungo passato con gli storici rivali juventini, il Trap fece ben presto ricredere i più e, ottenendo il meglio dal tridente offensivo Rui Costa-Edmundo-Batistuta, fu autore di un fulmineo avvio di stagione. La precoce e controversa eliminazione dalla Coppa UEFA — nella gara del 3 novembre 1998 contro il Grasshoppers, giocata sul neutro di Salerno, alcuni tifosi locali, volendo arrecare danno alla Viola, lanciarono in campo una bomba carta che portò alla sospensione della partita e successiva squalifica a tavolino, per responsabilità oggettiva, della squadra toscana — non inficiò sul percorso in campionato che vide la Fiorentina svoltare la stagione da campione d'inverno e legittimare, dopo oltre un quindicennio, rinnovate ambizioni da scudetto. Nel girone di ritorno, tuttavia, il serio infortunio che colpì il cannoniere, capitano e leader gigliato Batistuta fu la pietra tombale sui sogni tricolori della squadra;alle prese anche con la saudade di Edmundo, che lasciò Firenze nel momento clou del campionato, Trapattoni riuscì comunque a condurre la formazione viola al terzo posto in campionato, raggiungendo la qualificazione in Champions League. Come epilogo di una stagione dolceamara, arrivò la sconfitta nella finale di Coppa Italia, per mano del Parma, solo per la discriminante dei gol in trasferta.Nell'annata 1999-2000 gli uomini di Trapattoni furono artefici di un buon cammino in Champions League, spingendosi fino alla seconda fase a gironi, chiusa dietro il Manchester Utd di Alex Ferguson, allora campione in carica, e il Valencia di Héctor Cúper, futuro finalista dell'edizione. Meno entusiasmanti furono le prestazioni in campionato, concluso con l'obiettivo minimo della qualificazione in Coppa UEFA, ma lasciando generalmente insoddisfatto l'ambiente gigliato. Sul finire della seconda stagione in riva all'Arno il Trap decise così per l'addìo al club, causa soprattutto i mai sopiti dissidi con la tifoseria, sfociati financo in aggressioni e minacce nella sfera privata, il tutto sommato all'imminente ridimensionamento tecnico prospettato dalla società.

Nazionale italiana

A seguito delle polemiche dimissioni presentate dal commissario tecnico della nazionale italiana, Dino Zoff, all'indomani delle critiche ricevute da Silvio Berlusconi per l'epilogo della finale del campionato d'Europa 2000, il 6 luglio seguente la FIGC chiamò Trapattoni alla guida degli Azzurri.Esordì a Budapest il 3 settembre 2000, pareggiando per 2-2 contro l'Ungheria nella prima partita delle qualificazioni al campionato del mondo 2002, che l'Italia supererà da imbattuta. Nella fase finale del mondiale, tuttavia, la nazionale deluse le aspettative: nonostante la scaramanzia del Trap — tra le altre cose, venne sorpreso a gettare acquasanta sul terreno di gioco —, l'Italia superò a fatica la fase a gironi, per poi venire clamorosamente eliminata dalla Corea del Sud negli ottavi di finale, in una gara segnata da numerose polemiche e contestazioni relative all'operato dell'arbitro ecuadoriano Byron Moreno. Già prima del torneo, peraltro, il citì era stato oggetto di critiche per la scelta di non convocare Roberto Baggio. Confermato in panchina, portò gli Azzurri a superare le qualificazioni al campionato d'Europa 2004, ma anche stavolta la fase finale si rivelò un fallimento per via della prematura eliminazione nei gironi, favorita da un discusso pareggio tra le scandinave Svezia e Danimarca. Al termine della deludente spedizione lusitana il tecnico decise di lasciare la nazionale, venendo sostituito da Marcello Lippi.

Benfica, Stoccarda e Salisburgo

Lasciata la nazionale italiana, nella stessa estate del 2004 si accordò con i portoghesi del Benfica. Anche se l'eliminazione dalla Coppa UEFA rischiò di fargli lasciare prematuramente la panchina lusitana, Trapattoni portò immediatamente le Aquile a conquistare la Primeira Liga, la trentunesima nella storia del club di Lisbona, a undici anni dal precedente successo. La squadra del Trap raggiunse anche la finale di Taça de Portugal, nella quale però a imporsi 2-1 fu il Vitória Setúbal, negando così al tecnico un possibile double. Desideroso di cambiare aria, al termine della stagione Trapattoni risolse anticipatamente il contratto che lo legava al Benfica. Nonostante avesse motivato l'addìo ai portoghesi con il voler tornare in Italia, nel giugno del 2005 optò nuovamente per la Germania, chiamato da un ambizioso Stoccarda, deciso a lottare ai vertici.Stavolta l'avventura in terra tedesca non fu memorabile come la precedente a Monaco di Baviera, concludendosi prematuramente 9 febbraio 2006 con l'esonero di Trapattoni dalla guida della squadra, relegata a centro classifica. Nell'estate 2006 il Trap fu chiamato dagli austriaci del Salisburgo a ricoprire il doppio ruolo di allenatore e direttore tecnico; portò con sé l'ex allievo Lothar Matthäus in veste di vice. Complice anche una rosa composta da giocatori di qualità come Linke, Kovač e l'ex conoscenza bavarese Zickler, quest'ultimo capace di assurgere a capocannoniere del campionato, già alla stagione d'esordio il tecnico italiano portò la squadra a vincere la Bundesliga d'Austria,vinta con ben cinque giornate di anticipo, dopo un 2-2 casalingo contro i detentori dell'Austria Vienna, toccando quota 75 punti (record per l'epoca); per Trapattoni fu il decimo campionato vinto in quattro paesi diversi (Italia, Germania, Portogallo ed Austria), un primato tutt'ora condiviso assieme a Tomislav Ivić, Ernst Happel, José Mourinho, Eric Gerets e Carlo Ancelotti.Nella seconda e ultima stagione a Salisburgo l'allenatore non riuscì a ripetere il successo, fermandosi al secondo posto in campionato dietro al Rapid Vienna.

Nazionale irlandese

Nel maggio 2008 venne nominato commissario tecnico della nazionale irlandese; scelse come vice Marco Tardelli e come ulteriore assistente Liam Brady, entrambi suoi ex giocatori nella Juventus dei primi anni 1980. Nelle qualificazioni al campionato del mondo 2010, la nazionale irlandese si trovò nello stesso girone dell'Italia, dunque il 1º aprile 2009, allo Stadio San Nicola di Bari, Trapattoni incontrò da avversario la squadra azzurra allenata da Marcello Lippi (partita finita 1-1); il 10 ottobre 2009, al Croke Park di Dublino, fermò nuovamente l'Italia sul 2-2 acquisendo matematicamente il secondo posto nel girone che valse gli spareggi. Ai play-off l'Irlanda perse contro la Francia in casa per 0-1 e venne eliminata nella gara di ritorno ai supplementari (1-1) con un gol irregolare di William Gallas su assist di Thierry Henry, il quale aveva controllato il pallone con la mano (ciò comporterà forti polemiche e una squalifica per Henry).Nel dicembre 2010 accettò, insieme al suo staff, una decurtazione dello stipendio, necessaria per non pesare sul bilancio della federazione, ridottosi a seguito della crisi economica.L'11 ottobre 2011 l'Irlanda si piazzò al secondo posto nel gruppo B con 21 punti, dietro alla Russia, grazie all'ultima partita vinta contro l'Armenia per 2-1. I Boys in Green furono così costretti ad affrontare nuovamente i play-off, questa volta contro l'Estonia, per poter accedere alla fase finale del campionato d'Europa 2012; stavolta però gli irlandesi si imposero nettamente a Tallinn per poi pareggiare a Dublino, conquistando così, dopo 24 anni, la qualificazione all'Europeo. Nel 2011 vinsero inoltre il torneo della Nations Cup battendo Galles, Irlanda del Nord e Scozia. Nella fase finale della competizione l'Irlanda fu sorteggiata nel gruppo C insieme a Spagna, Italia e Croazia. Qui venne però sconfitta da tutte e tre le squadre. Nonostante l'eliminazione, Trapattoni fu riconfermato per altri due anni sulla panchina della nazionale. L'11 settembre 2013, dopo due sconfitte rimediate dall'Irlanda nel girone di qualificazione al campionato del mondo 2014 contro Svezia e Austria, che compromisero il passaggio del turno, risolse consensualmente il contratto che lo legava alla federazione irlandese.