Luigi Bertolini

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Biografia

Nato in Liguria da madre originaria di Bardonecchia e padre veronese, crebbe ad Alessandria e iniziò a giocare a calcio con la squadra dilettantistica del quartiere San Michele; si diplomò in arti e mestieri.Lavorò dapprima come fruttivendolo nel negozio di uno zio, poi come meccanico specializzato presso la fabbrica di cappelli G.B. Borsalino fu Lazzaro. Nel 1924 si trasferì a Savona, dove venne ingaggiato dalla squadra di calcio locale che gli garantì anche un lavoro all'Ilva. Tornò due anni dopo nella sua città, tra le riserve dell'Alessandria, e scalò le gerarchie, passando infine a giocare ai più alti livelli con Juventus e nazionale. Dopo alcune esperienze da allenatore (una con la Juventus campione d'Italia nel 1952), si ritirò a vita privata e si dedicò al commercio di mobili.Morì a 72 anni per un aneurisma aortico, all'ospedale Martini di Torino; lasciò la moglie e una figlia. Bertolini oggi riposa nel cimitero parco di Torino.

Caratteristiche Tecniche

Disse di lui il compagno di squadra Felice Borel: «Era idolatrato dagli inglesi: era il calciatore inglese, forte, deciso, generoso». Abile soprattutto nel colpo di testa, salì alla ribalta come prolifico centravanti, e fu per ricoprire questo ruolo che l'Alessandria lo ingaggiò dal Savona; osservandolo, l'allenatore dei grigi Carlo Carcano pensò invece di utilizzare la sua peculiarità in fase difensiva e lo schierò dunque in mediana, sulla sinistra, ruolo in cui raggiunse la fama. Era riconoscibile poiché, per proteggersi dai colpi del pallone, indossava un fazzoletto bianco sulla fronte. Carlo Felice Chiesa lo descrive come un «formidabile difensore, dalla tipica benda sulla fronte, con la quale pareva calamitare i palloni, tanto facile e perentorio gli riusciva il colpo di testa», e ne ricorda la «grande pulizia negli interventi in chiusura» e l'abilità «nella fase di rilancio». Carlo Moriondo lo ricorda «lungo, dinoccolato, il fazzoletto bianco attorno ai capelli ricciuti, imbattibile nei colpi di testa, con un eccezionale compasso di gambe che gli permetteva di garantire spazi enormi; un compendio di volontà e di tecnica [...] meno forte sulla struttura fisica».

Carriera

Gli esordi ad Alessandria e Savona

Tra le prime formazioni dilettantistiche alessandrine in cui militò sono annoverati il San Michele e il G.S.O. G.B. Borsalino. Nel 1924, dopo il servizio di leva, fu segnalato ai dirigenti del Savona da un amico; passò le selezioni e giocò tra gli striscioni biancoblù come centravanti, per una stagione. Carlo Felice Chiesa indica anche una sua temporanea militanza nel Vado.

Ritorno ad Alessandria

La sua prolificità attirò l'attenzione dei dirigenti dell'Alessandria, che lo acquistarono dal Savona per 1 000 lire, assicurandogli inizialmente anche un lavoro che tuttavia non arrivò; all'attività di calciatore, tra le riserve dei grigi, affiancò quelle precarie e mal retribuite di riparatore di biciclette e di venditore di giornali. Fu notato dal tecnico Carlo Carcano, il quale segnalò ai vertici della squadra i problemi di malnutrizione del calciatore — il quale, per ragioni economiche, si limitava a dei «robusti caffelatte» — e chiese di garantirgli il vitto; ristabilitosi, il 13 febbraio 1927 debuttò in prima squadra, a Genova, nella gara persa contro la Sampierdarenese (1-2). A partire da quel momento fu schierato con regolarità nel ruolo di mediano sinistro, e contribuì nel 1927 alla vittoria della Coppa CONI. Ricordò come momento di svolta per la sua carriera la gara contro il Torino del 30 ottobre 1927: «Vincemmo per 3-1 su di un campo più fango che prato. Feci una gara spettacolosa. Vezzani e Baloncieri toccarono pochi palloni ed impararono a conoscermi. Divenni, in un'ora e mezzo, l'idolo di Alessandria. Mi pareva di sognare. Un anno prima dormivo d'estate sotto il ponte del Tanaro, in una specie di capanna con un letto di paglia e di fieno».Sotto la guida di Carcano andò a comporre una robusta mediana al fianco di Avalle e Gandini, dando un importante contribuito ad alcuni dei migliori campionati tra quelli disputati dalla squadra cinerina in massima serie. Giocò la sua ultima partita in maglia grigia il 14 giugno 1931, contro il Bologna: la gara terminò con una pesante sconfitta (1-6) e Bertolini, già in trattative con la Juventus, venne escluso dal direttore tecnico Amilcare Savojardo per le ultime due gare

La Juventus e gli ultimi anni

Secondo Mario Pennacchia, Bertolini era già da tempo affascinato dalla prospettiva di giocare nella Juventus, ed era rimasto amareggiato quando Carcano, passato ad allenare i bianconeri nel 1930, aveva portato con sé il solo Giovanni Ferrari; fu però proprio l'interno a richiedere, nell'estate 1931, l'acquisto di Bertolini, il quale gli avrebbe così garantito più copertura, considerata anche una scarsa attitudine di Virginio Rosetta al gioco aereo. Intervenne dunque il dirigente Giovanni Mazzonis il quale, forte della sua volontà, si assicurò il giocatore offrendo ai dirigenti grigi 180 000 lire.Con la squadra bianconera vinse da titolare quattro dei cinque scudetti del Quinquennio d'oro, andando a comporre la cosiddetta «mediana d'acciaio» con Luis Monti e Mario Varglien. Rimase alla Juventus per sei campionati, fino al 1937, quando divenne per tre stagioni giocatore e allenatore del Tigullia, compagine appena nata dalla fusione tra il Rapallo e il locale Gruppo Sportivo Littorio; con la squadra ligure vinse la Prima Divisione 1937-1938.

 

Nazionale

Debuttò in nazionale il 1º dicembre 1929, a San Siro, in Italia-Portogallo (6-1), nella prima da commissario unico di Vittorio Pozzo; inizialmente non fu confermato tra i titolari, andando a figurarvi stabilmente solo a partire dal febbraio 1931. Andò a formare una celebre linea mediana con Monti, già suo compagno di squadra alla Juventus, e Attilio Ferraris. Con gli azzurri vinse nel 1934 la Coppa Rimet disputando da titolare quattro gare su cinque (mancò il primo quarto di finale). Fu inoltre tra i protagonisti della cosiddetta Battaglia di Highbury, nella quale raddoppiò i suoi sforzi in difesa per sopperire all'infortunio che aveva neutralizzato il compagno di reparto Monti all'inizio della partita, del quale peraltro, nella foga, non si era accorto (secondo le testimonianze, nella frenetica opera di contenimento, chiedeva insistentemente al terzino Luigi Allemandi: «Dov'è Luis?»).

In totale ha disputato 26 gare indossando la maglia azzurra della nazionale A, e 3 con quella della nazionale B.